Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) I.djvu/73

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blemi dell’essere, della origine dell’uomo, della vita futura. Perché la vita? Nessuno sapeva. Come nacquero gli uomini? Da capricci dei Numi, da pietre che lanciarono dietro di sé i due superstiti del diluvio universale, Deucalione e Pirra. E gli Dei, chi erano? Donde originati? Nessuno lo diceva. E dopo la morte? Sentiamo Omero. Gli spiriti sono εἴδωλα, immagini. Quelli dei proci uccisi da Ulisse, condotti da Ermete all’Ade, stridono come vipistrelli: essi che nella vita avevano scagliato sino al cielo il terribile urlo di guerra. E senza sangue e senza forza e senza memoria, ombre vane fuor che nell’aspetto, trascinano una squallida esistenza, mille volte piú misera del dissolvimento totale.

Gli spiriti si distolsero presto da questa ontologia infantile. Gli scettici, deposta ogni speranza di illuminazione sovrumana, affrontarono i formidabili quesiti a faccia a faccia, arditamente, senza fiducia altro che nei proprî sensi e nella propria ragione; sensi cosí squisiti, ragione cosí acuta e diritta, che ben poco, in linea teorica, ha aggiunto la filosofia moderna a quanto intuirono quei primissimi sapienti. Gli spiriti mistici, invece, andarono cercando altrove quello che non offriva la scienza patria. E attinsero all’Oriente. Tra i mistici furono uomini d’ingegno e di genio, per esempio Pindaro; ma la maggioranza fu certo delle menti minori e pavide, che non osavano fissar freddamente lo sguardo sul terribile enigma dell’essere.

In che cosa consistevano propriamente questi famosi misterî?

Pindaro ne parla con tòno solenne (frm. 137 Christ):

Beato chi scende sotterra
dopo veduti i misterî.
Il fin della vita conosce,
conosce il principio sancito dai Numi.