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138 | EURIPIDE |
alcesti
Vedo la cimba, vedo! Con la mano sul remo,
Caronte, il navicchiere dei defunti, già già
mi chiama. «Non t’affretti? Che indugi? Tarderemo
per te!» La sua parola piú veloce mi fa.
admeto
Misero me! Di che partenza dura
favelli! Qual su noi piombò sventura!
alcesti
Mi tragge alcun, mi tragge! Su me confitta è d’Ade
la cerula pupilla fosca: trascina me
dei morti all’aula. — Lasciami. Che mi fai? — Per che strade,
o donna infelicissima, volgere debbo il pie’!
admeto
Strade di pianto per gli amici, e piú
per me, pei figli, che abbandoni in lutto.
alcesti
Lasciatemi, lasciatemi,
adagiatemi. Piú
non mi reggono i piedi.
Morte è già presso:
ombrosa notte sopra gli occhi repe.
Figli, figli, la madre