Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) II.djvu/142

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ALCESTI 139


vostra non vive piú.
Addio, figli, godete
questa luce del giorno.

admeto

Ahimè! Questi detti al mio cuore
son piú che ogni morte funesti!
Oh no, non partire, ti prego
pei Numi, pei figli che tu
lasci orfani! Sorgi, fa’ cuore!
Se muori, io morrò.
Tu sola puoi darmi la vita o la morte.

alcesti

Admeto, a te che la mia sorte vedi,
dirò, pria di morir, quello che bramo.
Io piú che me, te caro avendo, a prezzo
del viver mio, la luce a te serbata,
muoio. E potevo non morir per te,
ma chi volessi sposo aver dei Tèssali,
e sovrana regnar ne la mia reggia.
Ma divelta da te non volli vivere
coi figli derelitti; e abbandonai
di giovinezza i doni ond’io godevo.
L’uom che te generò, la madre tua
ti tradirono. Ed erano pur giunti
agli anni in cui lasciar la vita è giusto;
e bello era per lor salvare il figlio,
glorïosa la morte; e avean te solo,
né speranza d’avere altri figliuoli
se tu morivi; ed io vissuto avrei