Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) II.djvu/168

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ALCESTI 165


della vita, morir pel figlio tuo
né volesti, né ardisti. E a morte andò
questa donna straniera, che a buon dritto
io crederò mia sola madre e padre.
Eppure, egregia prova era per te
morir pel figlio tuo, quando a ogni modo
sol breve tempo a te di vita resta.
E con Alcesti ancor vissuto avrei,
né solo piangerei le mie sciagure.
Quanto uom beato può godere, tutto
goduto hai tu. La gioventú passasti
regnando: avevi me, tuo figlio, erede
della tua casa; né, morendo, i beni
lasciati avresti alla rapina altrui:
né dir potrai che a morte mi lasciasti,
perché negassi a tue canizie onore:
ché reverente io sempre fui. Per questo
tale mercè mia madre e tu mi date.
Ma or, t’affretta a procreare figli,
che curin gli anni tuoi tardi, che morto
ornino te, che la tua salma espongano:
mai questa mano ti seppellirà:
ché, per tua parte, io sarei morto. Or, s’io,
grazie ad un altro, ancor la luce veggo,
di quello figlio mi dirò, di quello
curerò la vecchiaia. I vecchi fingono
quando invocan la morte, e gli anni tardi
biasimano, e che troppa sia la vita.
Se morte appressa, niuno vuol morire
piú: né piú grave la vecchiezza sembra.