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202 EURIPIDE

fratelli hanno deciso di giungere alla conclusione attraverso un loro duello. E cosí, avendosi una duplice conclusione, occorrono due araldi e due racconti.

E alla fine del primo, il poeta innesta sul tronco già adulto della tragedia una nuova gemma feconda. Giocasta, avuta notizia dell’imminente duello dei figli, corre al campo, per opporsi all’orribile scempio; e conduce seco la figliuola Antigone.

Né l’azione ancora precipita. Dopo un nuovo canto del coro, appare Creonte, a pianger la perdita del figliuolo. E solo dopo il suo compianto giunge l’araldo, a fare la seconda narrazione. Anzi, a guardar bene, l’interruzione del Coro a questo racconto, lo divide, come un dittico, in due quadri ben distinti, e della medesima entità: 1. Duello tra i fratelli. - 2. Arrivo di Giocasta e d’Antigone, suicidio di Giocasta. Sicché, essenzialmente, in questo dramma le narrazioni dell’araldo sono tre.

E nelle parole dell’araldo vediamo dunque svolgersi, e con evidenza meravigliosa, tutti gli ultimi avvenimenti del mito, sino alla fuga definitiva degli assedianti. Ma non è ancora finita. Euripide non sa rinunciare allo stupendo motivo della pietà d’Antigone. Onde la fanciulla appare, ed esprime, in una lunghissima querimonia, il suo disperato dolore.

E qui pensiamo che la tragedia sia davvero finita. Ma non è cosí. Con un colpo di scena che, almeno alla lettura, risulta di magico effetto, ecco uscire dal suo sepolcro il vecchio Edipo, a cui la fanciulla narra lo sterminio della moglie e dei figli. E il vegliardo rievoca, per suo conto, tutta la propria storia.

Non siamo al termine. Il mito offriva, sebbene in tutt’altro punto del suo svolgimento, un altro motivo: il bando inflitto da Creonte a Edipo. Euripide non sa rinunciarvi; e Creonte arriva a lanciar questo bando, insieme con l’ordine di lasciare insepolto il corpo di Polinice.