Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) II.djvu/90

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MEDEA 87


Piú fortunato, quando abbia benessere,
può l’uno esser dell’altro; e niun felice.
Parte.

coro

Sembra che molti in questo giorno il Dèmone
gravi malanni su Giasone avventi.
Ma quanto, o figlia di Creonte, o misera,
la tua sciagura compiangiam; ché scendi,
grazie alle nozze con Giason, nell’Ade!

medea

Amiche, è fermo il mio disegno: i figli,
prima ch’io possa, uccidere, e lontano
fuggir da questa terra, e non concedere
che per l’indugio mio muoiano i figli
di piú nemica mano. È ch’essi muoiano
ferma necessità. Poiché bisogna,
io che li generai li ucciderò.
Su, dunque, àrmati, o cuor. Ché indugi? È vile
non far ciò che bisogna, anche se orribile.
Su, sciagurata mano mia, la spada,
stringi la spada, e muovi a questo truce
termin di vita, non esser codarda,
né dei figli pensar che d’ogni cosa
ti son piú cari, e che li desti a luce.
Questo sol giorno i figli tuoi dimentica,
e poscia piangi. Anche se tu li uccidi,
cari sono essi, e sciagurata io sono.
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