Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) III.djvu/140

Da Wikisource.

ERCOLE 137

ercole
Spregiate andâr le mie lotte coi Minî?
megara
Non ha, te lo ripeto, amici, il misero.
ercole
Presto, gittate via quei serti lugubri,
fissatevi alla luce, e sia ricambio
soave, invece delle inferne tènebre.
Ed io, frattanto, poi che spetta a me
adesso oprare, vado prima, e abbatto
del nuovo re la casa, e l’empio capo
gli recido, e lo gitto ai cani in pasto.
E quanti dei Cadmèi che un giorno furono
da me beneficati, or troverò
malvagi, scempio ne farò con questa
vittoriosa clava, o con la furia
dei dardi alati, ed empirò l’Ismèno
di sterminio e di sangue, e la corrente
bianca di Dirce, diverrà purpurea.
E a chi prestar dovrei soccorso, prima
che alla mia sposa, ai figli, al vecchio padre?
Le antiche gesta mie ripudio: è vano
compiuto averle, s’io questa non compio.
Devo affrontar pei figli miei la morte,
com’essi ora pel padre l’affrontavano.
Gloria la mia sarà, se, per comando
d’Euristèo, col leone a lotta venni,