Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) III.djvu/234

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la casa. Omai, di Cipride la mèta
è chiara, o figlia misera di Creta.

fedra

O donne di Trezène, a cui quest’ultimo
della terra Pelopia atrio è soggiorno,
nelle lunghe ore della notte, io spesso
ho meditato per che via si guasta
la vita dei mortali. A me non sembra
che la lor sorte pèggiorino gli uomini
per men di senno: in molti ínsito è il senno.
Conviene, invece, riflettendo, questo
concetto aver: che coscïenza e lume
abbiam del bene, e non lo pratichiamo,
chi per pigrizia, e chi perché prepone
qualche piacere al bene. Assai piaceri
offre la vita: l’ozïar, ch’è male
e insiem diletto; e la prolissa ciancia;
e il pudor v’ha, ch’è di due specie: l’una
trista non è, l’altra le case stermina;
ma se distinguer l’un dall’altro agevole
fosse, un sol nome entrambi non avrebbero.
Or, poi che tali verità conosco,
non c’è farmaco ond’io possa obliarle,
e ad altro segno la mia mente volgere.
E ti dirò qual via batte il mio spirito.
Poi che l’amore mi ferí, cercai
come potessi agevolmente piú
reggerne il peso. E cominciai da prima
a celare il mio morbo, a restar muta;
poiché fiducia nella lingua avere