Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) III.djvu/233

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fedra

                              Tu, non io lo dico.

nutrice

Ahimè, figliuola, che vuoi dire? Tu
mi dai la morte. Amiche, io piú non reggo,
viver non posso. Ah, maledetto giorno,
questo ch’io veggo, ah, maledetta luce!
Gittare voglio il corpo mio, morire,
lasciar la vita. Addio. Morta sono io.
A lor malgrado, pure si rassegnano
i saggi, ai mali; e non è Diva, Cípride,
ma piú che Diva, se si può: ché stermina
me, la signora mia, la casa tutta.
Parte disperata.

coro

Udisti, udisti i gemiti
della signora mia?
Mali orrendi ella soffre, inesprimibili.
Pur, non si compia il tuo desire! Pria
morir voglio, o diletta.
Ahimè, ahimè, misera te, che spasimi!
Ahimè, cordogli onde si nutron gli uomini!
Tu sei perduta: hai svelato l’obbrobrio!
Pria che declini il dí, che mal t’aspetta?
A novello si volge, a funesto esito