Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) III.djvu/263

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coro

Ahi, ahi, novello male ai prischi un Dèmone
aggiunge. Or che cosí gli eventi volsero,
la vita sopportar piú non saprei.
Ahimè, ahimè, precipita,
spersa è la casa dei signori miei.
Se lecito è pur, Dèmone,
la mia preghiera ascolta: non abbattere
questa casa; ch’io giungere
vedo, quasi indovina,
e non so donde, auspíci di rovina.

teseo
Aperta la lettera, la legge, erompe in un urlo d’orrore.

Ahimè, che male ai mal s’aggiunge, tale
da non patir, da non ridir! Me misero!

corifea

Che c’è? Se degna me ne credi, dimmelo.

teseo

Grida, grida la lettera
orrori intollerabili.
Dove fuggire il peso dell’obbrobrio?
Morto sono io, la vita m’abbandona.
Deh, qual caso funesto,
in queste cifre, o me misero, suona!