Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) III.djvu/262

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IPPOLITO 259


Ahimè, tu m’hai lasciato, o dilettissima,
o l’ottima fra quante

donne del sol contempla il raggio fulgido
o della notte il folgorío stellante.

coro

Antistrofe I
Misero, quali sciagure piombarono
su la tua casa? .   .   .   .   .   .   
.   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   
.   .   .   a me s’inondano di lagrime,
per questa tua sciagura,
le pàlpebre ed un brivido,
pel futuro destin già m’impaura.

teseo
Si accorge che Fedra stringe nella morta mano una lettera.

Che è mai ciò? Qual nuovo caso annuncia
questa lettera appesa alla man cara?
Forse dei figli miei, forse del talamo
l’infelice mi scrisse, e alcuna istanza
a me rivolse? O misera, fa’ cuore.
In questa casa piú non entrerà
donna nel letto di Tesèo. — Le impronte
mi lusingano l’occhio, onde l’anello
della defunta è nel castone impresso.
Ma via, ch’io sciolga questi lacci, e veda
che cosa a me vuol dire questa lettera.