Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) III.djvu/282

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appariva, a stornarli, e la quadriga
folle rendeva di terrore; e quando
con delirante furia lo traevano
verso le rupi, all’orlo avvicinandosi,
muto seguia: sinché fiaccar lo fece,
e l’abbatté, facendo urtar la ruota
contro una roccia. E tutto allora fu
uno sfacelo; e i mozzi delle ruote
e le spine dell’asse, via balzarono.
E nelle briglie aggrovigliato, il misero,
di nodi entro legami inestricabili,
è trascinato via, battendo il caro
capo contro le rupi, e sfracellandosi
le membra, e grida orribili levando:
«Fermatevi, cavalli, entro le stalle
mie nutricati, non vogliate struggermi!
Ahimè, funesta imprecazion del padre!
Non c’è fra voi chi salvi un innocente?»
Molti di noi disposti eran; ma tardo
restava indietro il piede. Ed ei, dai lacci,
dalle briglie di cuoio, in che maniera
non so, fu sciolto, e cadde, un breve anèlito
traendo ancora. E i cavalli sparirono,
ed il prodigio dell’orribil tauro,
in qual parte non so del suol rupestre.
Servo della tua casa io sono, o re;
eppur, non mai convinto esser potrò
che il tuo figlio sia reo, neppur se tutta
vedessi offesa la femminea stirpe,
e tutti alcun di cifre empiesse i pini
dell’Ida; perché so ch’egli è innocente.