Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) IV.djvu/175

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172 EURIPIDE

Vedi, col suo tacer, padre, t’implora.
La mia vita rispetta, abbi pietà:
ti scongiuriamo, entrambi a te diletti,
questo, pargolo ancora, ed io già grande.
Ma solo un punto aggiungerò, che vinca
ogni argomento. Agli uomini dolcissima
è questa luce, e non l’eterna tènebra,
e folle è chi desidera la morte.

coro

Meglio è vivere mal, che morir bene.
Elena trista! A qual cimento sono
per te, per gli amor tuoi, gli Atridi e i figli!

agamennone

Intendo ben dove pietà s’addice,
e dove mena; ed amo i figli miei:
se no, stolto sarei. Per me terribile
è questa prova, o donna; e pur terribile
il non osarla. Che mai far dovrò?
Vedete quanta oste navale, e quanti
chiusi in arme di bronzo ellèni principi,
che navigar verso la rocca d’Ilio,
se non t’immolo, non potranno, o figlia —
Calcante il vate l’affermò — di Troia
non potranno espugnar le sedi illustri.
Un cieco ardor le schiere ellène invase,
di navigare senza indugio contro
le barbariche terre, e porre un termine
ai ratti delle greche spose. Ov’io