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202 EURIPIDE


tra questa farsa e l’Ifigenia in Tauride. Ma crederla, col Christ, e in genere, coi critici, una parodia non mi sembra esatto. Il principale, ineliminabile elemento della parodia è la conservazione del nome degli eroi messi in burletta. E invece l’eroina della farsa si chiama Caritione (Graziosa). E, inoltre, il padre suo è vivo e verde. Dove se ne andrebbe la parodia dell’Ifigenia di Euripide?

E allora sarà forse da stabilire un rapporto inverso. Nel teatro popolare, che, anch'esso ricco, a suo modo, di tipi e di soggetti, girava, coi suoi comici vagabondi, per tutto il mondo antico, dové essere popolare questo intreccio romanzesco. E dal teatro popolare poté desumerlo Euripide, sempre in cerca della varietà e della novità.

Ma perché il drammetto popolare potesse assurgere agli onori della scena di Diòniso, altro occorreva. Occorreva che esso inquartasse col mito il suo stemma di povera nobiltà campagnuola. E cosí, alla principessa della favola, senza nome né carattere distinto, Euripide sostituisce Ifigenia la nobilissima figlia d'Agamennone, che, secondo una tradizione divenuta oramai canonica, e cantata nelle Ciprie, era stata trasportata in Tauride, e resa immortale da Artèmide.

Ecco dunque divenuta greca una favola d'origine probabilmente orientale e che, in ogni modo, era patrimonio comune a tutte le genti dall'antica civiltà. Se non che, Ifigenia era specificamente argiva, micenaica. Onde Euripide fa ancora un passo per legare piú strettamente alla propria città il mito già cosí contaminato di classico e di romanzesco.

A Braurone, nell'Attica, esisteva un vecchio tempio, del quale Ifigenia sarebbe stata la prima sacerdotessa. E presso a Braurone, borgo di Halai, si vantava di possedere un prezioso simulacro d'Artèmide, che si diceva piombato dal cielo nella Tauride, e di lí trasportato in Attica.

Erano preziosi addentellati, ed Euripide non se li lasciò