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Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) IV.djvu/211

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208 EURIPIDE


Color di cíano, color di cíano
del mare i vortici
sono, ove l’estro d’Argo, librandosi
su l'ondulio
del mare inospite, spinse dai termini
d’Europa all'Asia la corsa d’Io.

Tutti concepiti in tale disposizione spirituale, i brani corali formano all’azione un vivagno mirabilmente istoriato. A voler esemplificare, davvero si rimane imbarazzati per l’abbondanza. Saranno, nel primo canto intorno all’ara, le pitture marine che lo imbevono tutto d’una vibrazione azzurra; o, nel secondo, la visione della remota Ellade, tutta intessuta d’elementi ariosi e brillanti: le snelle palme, l’agile alloro, l'ulivo glauco, le acque dello stagno dove naviga il cigno armonioso. O il mirabile ritorno per mare d’Ifigenia nella fantasia delle fanciulle auspicanti:

                              .......alla patria
d’un legno acheo t’adducono i cinquanta
remi. Il cerato calamo
di Pan montano sufola
l'abbrivo al corso; e canta
il vate Febo, e l’accompagna il sònito
di sua lira, con sette
fila.
.     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .
agli aliti dell’ètere,
traggon le vele, gonfie sino a prora,
sul bompresso, le gómene
dell’agil nave che la via divora.

O la danza delle vergini, veramente emula della pittura: