Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) IV.djvu/39

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36 EURIPIDE

Troppo fu lunga la tua vita, o misera,
e anch’io, povero me, troppi soffersi
dolori invan. Destino era, destino
che, presi dal nemico, infin dovessimo
miseramente abbandonar la vita,
vituperosamente. Or sai che aiuto
dar tu mi puoi? Ché di salvare i pargoli
non ho perduta ogni speranza. Invece
di questi, o re, consegnami agli Argivi.
Cosí tu schivi il rischio, ed i fanciulli
salvi saranno: a me la vita mia
premer non deve. E me prima d’ogni altro
desidera Euristèo, che fui compagno
d’Ercole: me vuole oltraggiar: ché rozzo
è quell’uomo. Ed il saggio affrontar deve
l’inimicizia di chi sa, non quella
dell’anime ignoranti. Allor clemenza
alla giustizia egli trovar potrà.

coro

Non accusar la nostra Atene, o vecchio;
sebbene a torto, alcuno il tristo biasimo
darci potrebbe che tradiamo gli ospiti.

demofonte

Son generose, ma non possono esito
le tue parole aver: non già per fare
preda di te mosse le schiere il principe.
Che guadagno sarà per Euristèo
d’un vegliardo la morte? Ei vuole uccidere
questi fanciulli: poiché son minaccia