Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) V.djvu/10

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ELETTRA 7

fine del suo discorso, senza richiesta, spontaneamente, le concede libertà di parola. E perché quella dimostra il timore che, sentendola parlar troppo liberamente, vorrà poi punirla, risponde:

No: voglio opporre ai sensi tuoi dolcezza.

E dopo la requisitoria di Elettra, che, per essere meno tragica, non è però meno feroce di quella dell’Elettra di Sofocle, non trova parole di risentimento e di biasimo, ma solo di compassione. Persino di rimorso.

Ma cosí, senza bagno, e in vesti misere,
figlia, ti trovo, quando sei puerpera,
fresca di parto. Oh me misera, quanto
male avvisata fui! Troppo oltre il segno
mi spinse l’ira contro il mio consorte.

Umana, e infinitamente meno odiosa delle figure di Eschilo e di Sofocle. Ma l’eroismo è sfumato. E con l'eroismo, la tragicità.

E cosí in Egisto. Si rilegga la scena del messo che narra la sua morte. Tutta la sua condotta è ispirata ad una gentilezza signorile, che d’altronde discorda stranamente col contegno di profanatore, che, a dire d’Elettra, soleva tenere verso la tomba d’Agamennone. E quando lo vediamo, prima offuscarsi per un triste presentimento, e poi procombere, muta vittima, colpito dal ferro d’Oreste, e a tergo, e, insomma, a tradimento, difficilmente riusciamo a vincere un senso di pietà.

Ma la maggior gentilezza e umanità conferita a queste figure tradizionalmente odiosissime, non concorre ai fini ultimi della tragedia. La tragedia di Eschilo e di Sofocle si regge sull’esatta proporzione fra l’orrore, per l’animo nostro intollerabile, degli eventi rappresentati, e l’immane ferocia degli