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Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) V.djvu/158

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150 EURIPIDE


Strofe II
Invano, dunque, molle incedendo fra gli aurei calici,
di Laomedonte progenie,
colmi le coppe di Giove, ufficio su ogni altro bellissimo.
Ma la tua patria le fiamme divorano;
e le spiagge del pelago
echeggian, quasi aligeri
che su gl’implumi strepono.
Queste gli sposi, i figli altre, le vecchie
madri altre ancora piangono.
I tuoi lavacri roridi,
le palestre e le rapide
lizze non sono piú. Ma presso al soglio
di Giove, il viso tuo sereno, amabile,
brilla di grazie colmo; ma struggon le cuspidi
degli Ellèni la terra di Priamo.

Antistrofe II
O Amore, Amore! — Spirando un giorno nel cuore ai Superi,
giungesti alle case di Dàrdano.
Deh, come allora esaltare tu Ilio sapesti, a che vertici,
quando fra i Numi e lei stringesti un vincolo!
Taccio di Giove il biasimo.
Ma con luce funerea
Aurora, cara agli uomini
dall’ali bianche, oggi mirò di Pergamo
la terra e lo sterminio.
Eppur, quivi ebbe origine
lo sposo del suo talamo
padre ai suoi figli. Lo rapí tra i sideri
l’aurea quadriga. E fu per la sua patria
grande speranza; ma furono sperse di Troia
le lusinghe che i Numi allettarono.