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a fatti no. Mio padre stesso, io credo,
quando chiesto gli avessi a faccia a faccia
se dovessi a mia madre morte infliggere,
carezzandomi il mento, assai pregato
m’avrebbe ch’io nelle materne vene
il ferro mai non immergessi, quando
non ei perciò ritornerebbe a vita,
ed io, misero me, patir dovrei
tali tormenti. E scopri adesso il volto,
sorella mia, desisti dalle lacrime,
pur se la nostra sorte è tanto misera.
E quando tu scorato mi vedrai,
il perduto terror della mia mente
solleva con le tue parole: quando
tu piangerai, conforto io ti darò
t’assisterò: convien che tali uffici
rendan gli amici gli uni agli altri. Misera,
orsú, rientra in casa, adesso, stènditi,
al sopore concedi il ciglio insonne,
e cibo prendi, e di lavacri il corpo
cospergi: ché se tu mi lasci, oppure
cadi, pel troppo assistermi, nel morbo,
siamo perduti: ché tu sola hai cura
di me, lo vedi, e tutti m’abbandonano.

elettra

Mai non ti lascierò: morire io voglio
o vivere con te: ché a questo siamo.
Far che potrei, se tu morissi, io donna?
Come potrei salvarmi sola, senza
fratelli, senza padre, senza amici?