Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) V.djvu/179

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né gli serbò da macchia illeso il talamo;
e poi che conscia fu del proprio fallo,
sé stessa non puni, ma, per non renderne
conto allo sposo, puní lui, die’ morte
al padre mio. Pei Numi — in triste punto,
in un piato di sangue, invoco i Numi — ,
se della madre l’opere approvate
col mio silenzio avessi, il padre ucciso
non m’avrebbe punito? e non m'avrebbe
spinto all’Erinni in preda? Ha la mia madre
alleate le Dive; e non l’avrà
il padre mio, ch’ebbe piú grave oltraggio?
Mettendo al mondo una malvagia figlia,
tu fosti, o vecchio, la rovina mia,
ch’io, per l’audacia sua privo del padre,
fui matricida. Vedi se Telèmaco
d’Ulisse uccise la consorte; ma
non ebbe quella insieme con l’antico
un nuovo sposo, ed incorrotta sposa
si mantien nella casa. E bada, Apollo
che della terra al centro sta, partendo
ai mortali i responsi veracissimi,
e in tutto lo crediamo, egli m’impose
d’uccidere mia madre, io l'ubbidii.
Empio lui dichiarate, ed uccidetelo:
egli fallí, non io. Che far potrei
io? Né potrà la macchia mia lavare
il Nume, a cui quello ch’io feci addebito?
Dove scampare piú, se, quei che l'ordine
mi die’, non mi darà scampo da morte?
Non dir che mal ciò ch'io feci fu fatto,
e che tristo successo ebbe per me.
Avventurata vita hanno quegli uomini