Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) VI.djvu/109

Da Wikisource.
106 EURIPIDE


E dobbiamo soggiungere che, esaminando i brani lirici cosí come ci sono giunti, cioè privi della musica, riceviamo necessariamente l’impressione che nella generale economia del dramma avessero una parte inferiore a quella che ebbero in realtà. Perché la nostra sensibilità non rimane colpita se non dai brani che contengono qualche fulgida immagine, qualche veemente apostrofe, qualche ondata melodica chiaramente percepibile anche nelle nude parole; ma in realtà, anche molte parti che alla semplice lettura non svelano alcun afflato lirico, lo possedevano, nella realizzazione integrale dell’opera, per virtú della musica: la quale, anzi, spesso e volentieri, poteva indurre il poeta a trascurare un po’ le parole.

E nell’Elena le parti cantate sono fittissime. Dopo la scena con Teucro, Elena canta. Canta dopo la scena col coro, e senza che si ritrovi la menoma giustificazione del canto nelle parole, che sono in pura funzione logica:

O amiche, persuasa
fui dal vostro consiglio.
Entrate or nella casa,
entrate, alfin ch’edotte
siate delle mie lotte.

E quando Menelao si convince delle parole del nunzio, e la riconosce sposa, canta; e persevera nel canto, sebbene non le tenga bordone Menelao, che, almeno a giudicar dal suo insistere nel trimetro giambico, séguita per un bel po' a declamare senza note (627 sg.). Poi canta anche lui. E notevole è l’attacco del canto di Elena. Due trimetri giambici — dunque, semplice recitazione — , e poi la strofetta lirica, il recitativo e la cabaletta.