Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) VI.djvu/121

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118 EURIPIDE

ben che si affronti alla magion di Pluto:
regie le mura, e bene sculti i seggi.
Si accorge d’Elena.

Qual vista, o Numi, s’offre a me? L’immagine
che sangue stilla io miro, inimicissima,
della donna che me, che gli Achei tutti
trasse a rovina. Deh, vituperarti
possan gli Dei, tanto somigli ad Elena!
E se non fossi sopra estranea terra,
da questa freccia che non falla al segno,
morte, per questa simiglianza, avresti.

elena

Perché, qual che tu sia, misero, gli occhi
torci da me, pei falli altrui m’aborri?

teucro

Ho errato: all’ira abbandonato piú
che non dovevo mi sono io; ma tutta
l’Ellade aborre la figlia di Giove.
Or tu perdona ciò ch’io dissi, o donna.

elena

Chi sei tu? Donde a questo suol giungesti?

teucro

Un degli Achivi sventurati, o donna.