Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) VI.djvu/179

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elena

Misera me! La mia fortuna è questa!
Menelao, siam perduti: esce Teònoe,
la profetessa, dalla reggia: stridono
già nell’aprirsi, i chiavistelli: fuggi! —
Sebbene, a che fuggir? Lontana o prossima,
che tu sei giunto, ella ben sa. Tapina
me, son perduta; e tu, salvo da Troia,
da una barbara terra, a questa terra
barbara approdi, e vi morrai di spada.

teonoe
Si rivolge via via a parecchie ancelle.

Tu precedimi, e il raggio delle fiaccole
reca, e dell’etra con i riti santi
purifica ogni seno, affin che l'aura
del ciel, schietta a me giunga. E tu. se alcuno
con empio passo il suolo calpestò,
contaminò, col sacro fuoco purgalo,
e crolla, ch’io passar possa, la fiaccola.
Compiuti i riti che v’ho detto, in casa
recate ancora, su l’altar, le fiaccole.
Le ancelle partono: Teonoe si volge ad Elena.

Elena, ebbene, i vaticinî miei
diceano il vero? È qui, lo vedi, il tuo
consorte Menelao, privo dei legni
e del tuo simulacro. — A quali, o misero,
pene scampato, giungi! E non sei certo
del ritorno, o se qui restar dovrai.