Pagina:Tragedie di Sofocle (Romagnoli) II.djvu/214

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1458-1491 EDIPO A COLONO 211

piú non sarei, per tuo riguardo: queste
nutrici mie, non già donne, ma uomini,
1460quanto al patir con me. Ma voi, d’un altro
siete figli, non miei. Per questo, il Dèmone
tiene gli occhi su te - non tanto, ancora,
come fra poco, se le vostre schiere
assaliranno la città di Tebe.
1465Ma non sarà che tu la rocca abbatta,
anzi, prima cadrai brutto di sangue,
e tuo fratello anch’esso. Un tempo già
queste Imprecazïoni io contro voi
chiamai, come or le chiamo, ché combattano
1470con me, sí che apprendiate a rispettare
chi vi die’ vita, e non crediate piccola
colpa, d’un padre cieco esser tai figli.
Bene altrimenti opraron queste. E dunque,
il tuo supplice seggio, il trono tuo
1475occuperanno le Imprecazïoni37,
se pur Giustizia accanto a Giove siede,
grazie alle antiche leggi. Alla malora
vattene, e senza padre: io su te sputo,
tristissimo fra i tristi: abbiti queste
1480maledizioni ch’io ti scaglio, che
né tu la terra di tua gente prendere
possa con l’armi, né tornare ad Argo,
ma di fraterna man morire, e uccidere
chi ti scacciò. Cosí t’impreco. E invoco
1485dal Tartaro il paterno, orrido Buio,
ch’altra stanza ti dia: queste Demonie38
invoco, invoco Marte, che gittò
fra voi l’odio tremendo. — Ora che udisti,
vattene; ed ai Cadmèi tutti l’annuncio
1490reca, ed a tutti i tuoi fidi alleati,
che ai figli Edipo tai doni comparte.