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ANTIGONE 245

nostra simpatia: ed è la sua durezza verso la sorella. Ismene, che non ha la sua tempra eroica, non osa trasgredire gli ordini del re, tituba, rifiuta. Ma poi, quando Antigone viene scoperta, e sta per essere condannata, Ismene trova anch’essa una forza eroica, ed è pronta a seguir nella morte la sprella diletta. E Antigone seguita a respingerla fieramente, con asprissime parole. Perché?

Il Jebb vorrebbe dimostrare che è infinita durezza, volta a convincere Creonte della innocenza d’Ismene; ma sembra sofistica difesa. Si può pensare piuttosto che la posizione di contrasto in cui ella si trova con Ismene, abbia indotto Sofocle, quasi suo malgrado, a forzare le tinte: che, insomma, come spesso avviene, un atteggiamento prediletto abbia un po’ rubata la mano al poeta. Comunque, è innegabile, che, per questo lato, un’ombra dell’arcaica durezza tragica si stende ancora sulla soave figura di Antigone. E così, alcune delle considerazioni che ella fa su la perdita d’un fratello in confronto con quella d’uno sposo, sono tanto ostiche al sentimento moderno, che qualcuno le ha credute senz’altro apocrife, e ha pensato ad espungerle. Però non bisogna dimenticare che erano perfettamente corrispondenti al sentimento greco.

Secondo il Jebb, non isolato in questa opinione, l’unità della tragedia — il presame ideale dei varii elementi — , consisterebbe nel dibattito che si effettua, massime nei contrasti fra Antigone e Creonte, intorno al conflitto fra le leggi umane e divine.

E sia pure. Ed anche si accetti l’affermazione del medesimo filologo, benemeritissimo di Sofocle, che qui «abbiamo il solo caso in cui un dramma greco abbia per tèma un pratico problema di condotta, che implica conclusioni morali e politiche da poter essere discusse, in casi simili, in ogni tempo e in ogni paese del mondo».

E si seguano pure le discussioni dei varii critici intorno