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EDIPO RE 5

Ora, come si spiega che tutte queste ombre e queste lacune passano effettivamente inosservate?

È certo che, ad una attenta analisi, si scopre una ragione d’indole tecnica. In questa tragedia c’è una qualità che assurge a tale altezza da impedirci di badare a qualsiasi difetto: ed è il meraviglioso svolgimento. Le varie fasi che conducono Edipo alla scoperta della orrenda verità, sono graduate con tanta perfezione, che, sebbene tutti conosciamo perfettamente la tragedia, ad ogni nuova esecuzione, ad ogni nuova lettura, siamo anche una volta afferrati nei loro ingranaggi, anche una volta trepidiamo con Edipo, in una incessante alternativa di timori e di speranze.

E, intensificando l’attenzione, si può forse osservare che un così formidabile effetto non deriva solo dalla progressione in sé, bensì, e forse più, dai riflessi, variissimi, che essa, col suo ritmo unico, suscita nell’animo dei diversi personaggi.

Quando Tiresia ricorda tutto, Edipo e il coro non sospettano ancora nulla. Quando albeggiano in Edipo i primi sospetti, Giocasta non accoglie in cuore alcun dubbio. Ma poi, nell’animo di lei folgora una luce improvvisa, mentre Edipo ha compresa solamente una parte. Il vecchio pastore che espose Edipo, sa tutto, e recalcitra, e vuol tacere. Il messo di Corinto, che ignora tutto quando gli altri sospettano già lutto, lo incalza perché dica l’orribile verità. E solo quando questa è svelata, tutti divengono infine ugualmente partecipi dello spaventevole arcano. Egli è come se in un paese alpestre, sconvolto dalla furia tellurica in un caotico orrore di picchi e di voragini, e nascosto nel velo secolare della notte astrale, si levasse lentamente un sinistro pianeta. Quando le cime eccelse sono già ghermite dalla sua luce, le minori appena si disegnano nella penombra, nelle valli è impenetrabile buio. Ma, a mano a mano che l’astro si leva, tutte le orribili forme si vanno illuminando: quando esso è al vertice del