Pagina:Tragedie di Sofocle (Romagnoli) III.djvu/238

Da Wikisource.
213-235 I SATIRI ALLA CACCIA 235

al covil d’una fiera ed ai suoi cuccioli.
*E insieme ho udito un gran parlar di furti
e di bandi; e poi giú, calci a bizzeffe,
strepiti d’ogni sorta accosto all’uscio.
Alla prima, a sentir simili strilli
dovrei pensarvi usciti di cervello*.
SATIRI
Strofe
Altoprecinta Ninfa, tralascia
codeste furie: non qui contese,
non d’una zuffa rechiam l’ambascia:
né motto inospite motto scortese
udrai dal labbro mio, che t’offenda.
Né tu volermi coprir d’ingiurie;
ma invece spiegami questa faccenda:
chi mai de l’antro dalle profonde
latebre il canto divino effonde?
CILLENE
*Queste sí, son parole ragionevoli;
e parlando cosí, potrai convincere
una Ninfa, ben piú che ricorrendo
a prepotenze. A me piacciono poco
il clamore e le risse. Or sii tranquillo,
e dimmi ciò che vuoi proprio sapere*.
SATIRI
O Cillene, o signora potentissima
di questi luoghi, poi ti si dirà