Pagina:Trattati d'amore del Cinquecento, 1912 – BEIC 1945064.djvu/211

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Tullia... che voi foste il contrario di quello che m’è stato detto da molti: che non volete mai disputar cosa alcuna con persona; onde cavano che voi non sappiate.

Varchi. Ci sono, oltra cotesto, che non è picciolo, mille segni ed argomenti maggiori. Ma che bisognano, se la parte istessa lo confessa ella, e niuno dice il contrario?

Tullia. Cotesto non dite voi, ché molti, e tra questi io, vi abbiamo difeso molte volte ardentissimamente. Benché a voi non è necessaria né mia né altrui difensione, poiché voi avete una cosí onorata testimonianza delle vostre virtú. Noi sappiamo quanto è giudizioso in tutte le cose, quanto prudente, quanto intendente il nostro, non voglio dire illustrissimo, eccellentissimo e felicissimo, ché sono lode di fortuna, ma giustissimo, liberalissimo e virtuosissimo prencipe, signore e padrone, duca Cosimo de’ Medici; ed egli si serve di voi e della penna vostra in cose degne di eterna memoria. Ma, oltra che il giudicio di un cosí grande e cosí buono e cosí savio prencipe è veramente argomento infallibile e dimostrativo, il che solo a voi dee essere di grandissima consolazione, noi sappiamo ancora che questo non è vizio moderno, ma antichissimo, ché Socrate, Platone, Aristotele e tutti gli altri uomini da bene non ebbero mai altra faccenda che combattere con una generazione, la quale chiamavano «sofisti», che mai non si potè attutire.

Varchi. Né mai s’attutirá, se non con lo star cheto e farsene beffe. Leggete quello che fu fatto anticamente a Catone, a Seneca, a Plutarco, a Galeno; quello che avvenne poi a Dante, al Petrarca, al Boccaccio; e piú modernamente a Teodoro Gaza, al Pontano e, per lasciar tanti altri, al Longolio e, due di sono, per dir l’estremo di tutti i mali, al reverendissimo Bembo.

Tullia. Certamente, per non dir degli altri, che la bontá, la dottrina e la cortesia di si buono, dotto e cortese signore, si come sono infinite, cosí meritano di essere infinitamente conosciute, amate ed onorate: egli è pur nobile ancora di quella nobiltá, che il vulgo stima tanto; egli è pur ancor ricco, che il vulgo pur prepone ad ogni cosa. Tanto che bisogna confessare per forza che chi è lodato e tenuto caro dagli uomini da