Pagina:Trattati d'amore del Cinquecento, 1912 – BEIC 1945064.djvu/23

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i - il raverta 17


sia parimente bella, subito s’infiamma di possederlo; e questa non può essere cognizione di vera bellezza.

Domenichi. Per Dio, rade volte falla questo ordine: che un bel corpo e ben formato, per lo piú, non abbia anco bella anima.

Raverta. Anzi bene spesso. Ma lasciamo andare. La vera bellezza è rinchiusa in noi, e quello ch’ad ogniuno proprio di fuori appare, è ombra di prigione di bello. Percioché l’anima è la cosa bellissima ed è rinchiusa in noi, né si può vedere, eccetto che invisibilmente e con l’intelletto. Laonde è necessario, affisando gli occhi corporei in questa ombra, ché cosí diremo al corpo, o, per meglio essere intesi, prigione di bellezza (la quale non deve da per sé essere apprezzata, ma solamente stimata come imagine della divina), tosto piú entro con l’udito, ch’è piú spirituale, penetrare, ed incontanente alzar la mente, che a pieno meglio per entro discorre, ed a questo modo formare una armonia, la quale non è altro che concordanza; e cosí per mezzo dello esteriore considerare l’interiore.

Baffa. Non sarebbe dunque meglio, nel primo impeto, senza altramente curare il corpo, considerare le bellezze dell’anima?

Raverta. Signora no. Perché come volete amare una cosa che non abbia essere e non sappiate ciò ch’ella si sia? Ch’è di necessitá che in sé contenga qualche forma. Né ciò potrebbe essere altramente, essendo necessario che prima dalle cose visibili e corporee si faccia imaginazione delle invisibili ed incorporee. E perché meglio m’intendiate, vi dirò uno essempio. Il pittore, se naturalmente vuol formare una imagine a sembianza d’un’altra, se non ha la vera e viva forma dinanzi che gli rappresenti quella ch’egli vuole, potrebbe farla cosí simile? Certo no. Ma da quella visiva forma quella che ha in mente. Ma che piú? Gli astanti, che contemplaranno quella imagine, nel primo incontro non la raffigureranno per una pittura? Certo sí. Nondimeno con gli occhi dell’intelletto, invisibilmente, subito, formeranno nell’anime loro la vera e perfetta idea, a simiglianza della quale quella è stata formata. Sí che da quello oggetto visibile passano al contemplativo, e da quella colorita imagine considereranno quale si sia la viva. Onde, stando in tale imaginazione, Trattati d’Amore del Cinquecento.