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Pagina:Trattati d'amore del Cinquecento, 1912 – BEIC 1945064.djvu/309

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APPENDICE

i

Al signor Sforza Sforza conte di Borgonuovo.

Piaccia a Vostra Signoria, molto illustre signor mio, che questi miei brevi ragionamenti escano fuori con l’auspicio dell’onorato nome vostro. Né vi sia a sdegno se io forse con l’ombra de’ miei debili scritti offusco in parte l’alto splendore dei vostri onori immensi; ché ciò non è di mio volere, anzi bramo io, se esser puote. che un lor raggio solo porga tanto di chiarezza alle tenebre mie, che per questo ne divenga eterno. Ma, perché io so di certo il fosco de’ miei inchiostri non essere capace di tanto lume quanto basti a farmi glorioso ed immortale, per altra via cerco di sodisfare al mio intento, e cioè che il mondo almeno mi onori ed a perpetua gloria mi s’ascriva, vedendo ch’io abbia avuto giudicio in fare elezzione, per segno a cui io indirizzi la afíezzion mia, di cosí valoroso e gentil cavagliero come oggidí viva.

Di Piacenza, alli XI di settembre mdxi.ii.