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Pagina:Trattati d'amore del Cinquecento, 1912 – BEIC 1945064.djvu/356

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lei, la fanno riguardevole ed ammirabile appresso ciascuno. Ho poi fede che questo mio dono non debba essere sprezzato, si per la divozione dell’animo mio, come per aver veduto con quanto studio, con qual diligenzia e con che bell’ordine abbia fatto scielta, e seco di continuo porti, i piú rari libri greci, latini e volgari, si di scienzie, come di istoria e di poesia eh’oggidí siano conosciuti ed avuti in pregio appresso i dotti, gli studiosi ed i nobili; cosa di non minor ornamento a cosí degno spirito, che si sia la gloria dell’armi. Per queste e per altre ragioni mi sono mosso a darle saggio di me, sacrando al nome suo quanto ho saputo investigare sopra la vera bellezza; ancora che meglio forse sarebbe stato che, avendo Ella di me buon odore, senz’altro saggio la avessi lasciato con gusto tale. Ma siane che ne piace a Dio, o sgannarla o confermarla ho voluto. E, tutto che da indi in poi ci sia stata tolta la celeste ed immortai signora, la contessa Livia Torniella Bonromea, nominata in questo dialogo, la cui memoria ed il cui valore sempre mi stará in mente, né potrò mai ricordarla senza cordoglio, perché questa fu troppo grave e troppo subita perdita per chi la conobbe; non però ho voluto mover l’ordine di quello, ma tal quale ei nacque, tale le piaccia riceverlo. E s’io conoscerò che ciò le sia stato caro, m’accrescerá l’animo di continuare per lei in questi ed in altri studi. Se anco avverrá il contrario, non quella di poca gratitudine, ma me stesso incolperò di cattiva fortuna e di niun valore. Cosi, venendo meglio a conoscere me medesmo, tenterò cose piú basse e non mi dorrò di lei ; alla quale, insieme col signor Lodovico Domenichi baciando le mani, m’inchino e le prego ogni felicitá.

Di Fiorenza, il mese d’agosto mdi.vii.