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98 ii - angoscia doglia e pena


amazzò il marito, Pasife, figlia di re di Candia, passò il mare in groppa del toro. Clitennestra amazzò Agamennone, suo marito, per cagione del suo adultero. Ippia, Gellia, Proculina e Lettoria, Levina e Pompeia, moglie di Giulio Cesare, di che cibo nutrivano i suoi servi son certo che il sapete; nondimeno giudico che meglio il sapperete, come averete inteso qualmente un veneno si trova dolce e cibo di afflitti amanti. Imperò, sappendo io che il dolce è amico alla natura umana, e non vedendo nè udendo che il cibo dolce sia veneno, salvo che non sia misto con dolce, resto ammirato come la donna trova un cibo che abbia nome «dolce veneno», e, per essere veneno, non amazzi il suo servo, subitamente come l’ha pasciuto. E, fantasticando sopra tal cibo, trovo che ’l proprio a veneno ed a cose venenose è il freddo, e la amaritudine cosa contraria al vivere, il che reputo sappia chi ha provato tal cibo. Nondimeno non convien che noi consideriamo il detto cibo come cosa mortifera, ma bisogna che ’l contempliamo come nutrimento della vita umana, non ostante che si chiama «veneno». Imperò spero di penetrar con l’intelletto insino a tanto che vi darò a conoscere di che «dolce veneno» intese Socrate. E cosí conoscerete qualmente il cibo della vostra donna è dolce veneno, il quale apparecchia la mattina per la sera, e la sera per la mattina, per darvi conveniente nutrimento. Sí che sappiate che quanto piú dolce cosa ricevete dalla vostra donna, tanto è maggior veneno, e cosí piú presto amazza l’uomo. Imperò il dolce veneno, cibo di fidel servo della sua donna, non è di zuccaro o melle, nè è ambrosia celeste o nettare, nè gli è pasta di marzapano, nè succo di melapie, non ventraglie di polastri, nè animele di agnelli, nè altro qual vòi cibo dolcissimo. Ma gli è quel cibo che, pascendo i servi, strugge; ed è il spesso mirarsi con la sua donna. Anzi è dolce veneno il folto e furioso porgere e spicar basi; gli è ancora quel cavalcare alla moresca con la sua donna; gli è il movere di piedi in fretta, per arrivare onde si fa lasso ritorno; gli è un giuocare alle braccia con la sua donna, con dire cose lascive, dolce veneno; gli è un volgere d’occhi a guisa d’uomo morto, e restar come senza fiato. Oh, che cibo! oh, che dolce