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210 ii - angoscia doglia e pena


sua annella che per mezo della morte. Perciò, riducendo al fine il suo ragionamento, Socrate, per satisfare a pieno al mio maestro nel fatto della donna, dice che la grossissima catena di sua libertá, l’indisolubile nodo, nodato quando per propria voluntá, quando contra il proprio volere, non mai si snoda u soglie, altrimente che per mezzo della morte. IL che se gli è vero, odete per grazia quanto vòlse mostrar la natura, overo Iddio, nel sogliere e snodare della catena, con la quale io era legato giá ventiun anno. Pertanto li miei cocenti sospiri, le mie continue lagrime, l’acerbo mio dolore, omai aveano fatti molli molli tutti li nodi e le anella della catena, con la quale io ero ligato, come voi avete udito di sopra. Perciò, parendo alla divina bontá de liberarme di tal catena e laccio fastidioso, doppo la mia tornata da Vineggia a Roma, mi fecce apparere in sonno che la parte, dove giaceva la mia consorte, e la mitá della porta della camera, ove io riposava, era rutta, tolta via senza far male a persona, di sorte che la mitá della casa mi pareva essere mancata. Dii che impaurito, setandomi, cominciai contemplare la visione, e, non potendo indovinare da me istesso, deliberai di consultare sopra di ciò col potente astrologo Gaurico, veramente principe di astrologi di tempo nostro. E, facendo piú figure di geomanzia e di astrologia ancora, trovamo qualmente io doveva uscire da le catene, e di pregionia reintrar nella antica mia libertá, perché ciò mostravano le seconde cause, come mezi della divina voluntá e del suo ordine. Pertanto in spazio di quattro giorni venne l’insonio a l’effetto; perciò, senza colpa di omo vivente, precipitossi da un par de gradi, erti forse da ventiun palmo. E ciò intravenne alle sedici ore, a’ quattro di marzo del 42 doppo 1500, nel dí del mio nascimento, nel dí che intrai in lacci, ed il dí medesimo rimasi libero e solto e senza catene; e fu il giorno di Venere, giorno fortunato ed infortunato, giorno felice ed infelice a me, giorno nel quale fui nato, incatenato e solto certamente. Pertanto, doppo il caso e la sua morte, dissi a multi e multi che la voluntá divina ciò è stata, e non desordene umano. Nondimeno, ancora che ella è stata tanto fastidiosa, tanto molesta quanto voi sapete, assai mi dole