Pagina:Trattati del Cinquecento sulla donna, 1913 – BEIC 1949816.djvu/285

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libro terzo 279


ornarsi voglia e talento. IL perché fecero di tante, che erano, una, la quale avesse ad incominciare qualche giuoco, e tutte poi caminassono per le sue vestigia, e quel facessero ch’essa faceva. A questo accordo stettero ancora le bellettate, per cui, noi sapendo elle, vi si tesseva ed ordiva una tal trama. Colei adunque, ch’era fatta loro presidente, surse, e fece che tutte sursero doppo il disnare allegre. Andò poi nel mezo di esse in giro starnisi, e cosí lieta, doppo l’aver fatto molte cose, nelle quali fu imitata e seguita da tutte le altre (ché ciascuna, secondo la legge del giuoco, facea sempre quello che ella primieramente incominciava a fare), finalmente, rivoltasi ad un’ancella, comandolle che le recasse un bacino d’acqua pieno; il quale venuto, ella il prese, e, fermatolo su uno scanno, mise dentro l’una e l’altra mano e lavossi il viso, che venne di bello ancora quasi piú bello. Cosí fecero le sue compagne. L’altre, veggendosi quasi topolini dalla gatta presi, vollono tirarsi indietro e rifiutare di far questo: pure, tremanti, vi si posero a farlo; e furono conosciute, con lor grande vergogna, alla fine per grinze e crostate, ed aventi il viso verde e, qual piede d’astore o botto, giallo, mal tinto, d’un colore di fumo di pantano, ed in tanto contrarie a quel che parevano dianzi, che niuno l’arebbe potuto credere, che vedute non l’avesse. Oh! come sarebbe stato il meglio a queste di comparire con quella faccia che loro aveva concessa la natura; e non con biacca, con lisci, con ogli, con pezzuole, pelandosi, strisciandosi e facendosi quel tutto intorno, che l’Ariosto nella Cassaria ed in una satira accenna a chi attentamente la legge! Non sarebbono rimase sí vergognate, no; perché, sí come la sola virtú fa l’uomo e la donna gloriosi, cosí il solo vizio li fa andare infami e pieni di vergogna, e denigra la fama loro vie piú che pece e corbo non è. Ma, perché oggidí la veritá viene a partorire in alcuni uomini ed in alcune donne piú tosto odio che amore, e disdegno che benivolenza, cosa buona sará ch’io lasci assai di quello ch’avrei e mi resterebbe da dire intorno alla vergogna che le lisciate donne hanno e sofferiscono di continuo, e valicherò, brievemente ragionando, al danno grave sí del corpo loro e della vita ch’abbelliscono,