Pagina:Trattati di poetica e retorica del Cinquecento, Vol. II, 1970 – BEIC 1951962.djvu/490

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488 s. ammirato

il diletto, non essendo niuno sì sfacciato lodator de’ poeti che accetti poter esser eglino già mai necessarii nè utili in quanto poeti.

Ti. Poichè l’autorità di Platone non ci offende (chè veramente ║ [22] anche senza apparirvi ragione, come dice Marco Tullio, è da farne gran conto), non si mancherà di rispondere appresso alle tue questioni et investigare per avventura quel che sia il poeta. Ma perchè hai detto tutte le cose che noi ci moviamo a fare poter essere di tre condizioni, o necessarie o utili o delettevoli, ti dimando primieramente quel che tu intendi per necessario.

De. Necessario intendo quello senza cui star non possiamo, come i cibi, le vesti, le abitazioni e simili.

Ti. L’utile?

De. Quello che alcuna utilità e quadagno ci apporta, come l’arti meccaniche e delle scienze la medicina, la legale e somiglianti.

Ti. Il dilettevole?

De. Quel che solo piacere e sollazzo ci arreca, come i buffoni, le meretrici, i parasiti, i cuochi, che sono arti tutte adulatorie, rapresentatori di comedie et i poeti con altri molti.

Ti. Miseri poeti, poichè in compagnia di così vil gente li avete riposti! Ma ritornando al necessario, dimmi, ti prego, Dedalione, il pane è necessario o no?

De. Come se egli è necessario?

Ti. Pon mente bene a quel che tu di’: può vivere l’uomo senza del pane o no? Non credo che mi dirai di no. ║ [23] E vediamo gli antichi senza il pane gran tempo essersi nutriti, come disse il grande e magnifico Dante1:

Secolo antico com’oro fu bello
Fe’ saporose con fame le ghiande.

De. Se bene senza del pane si può vivere, pure, perchè incommodamente si viverebbe, dicesi il pane esser delle cose necessarie.

Ti. Il vestire chiamarai tu necessario, cioè di tela, di panni e di simili cose?

  1. Purg. XXII, 148-49.