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scipione ammirato

IL DEDALIONE O VER DEL POETA


Alla domanda fatta da tutti i teorici del Cinquecento, in quale campo della filosofia si debba classificare la poesia, Scipione Ammirato dà una delle risposte più comuni, assegnandola al campo della filosofia civile.

Operando una distinzione fra filosofia contemplativa e filosofia attiva, l’Ammirato stabilisce nella seconda tre categorie, di cui una è la filosofia civile o politica; in tale categoria il poeta ha come compito particolare, insieme al legislatore e all’oratore, di curare l’animo umano attraverso lezioni di moralità e di virtù, presentate in modo piacevole. Questa risposta è nello stesso tempo una replica a Platone, cioè alla sua condanna della poesia e al suo bandire i poeti. Ancora contro Platone è volto l’Ammirato quando insiste sulla specie di conoscenza superiore data al poeta dal furore poetico e sull’utilità ciei mezzi poetici per comunicare questa conoscenza.

Nato a Lecce nel 1532, l’Ammirato studiò a Poggiardo, a Brindisi, a Napoli (dove si laureò in legge nel 1347) con professori famosi. Occupò durante vari anni un canonicato a Lecce, e lì fondò, fra il 1558 e il 1560, l’Accademia dei Trasformati. Dopo vari viaggi e soggiorni a Napoli e a Venezia, nel 1369 ottenne un canonicato nella Cattedrale di Firenze, dove rimase fino alla sua morte avvenuta nel 1600. A Firenze diventò membro dell’Accademia degli Alterati, col nome di Trasformato, e nel 1571 presentò ai colleghi il manoscritto del Dedalione, portato con sè da Napoli (notizia che fa dubitare dell’esistenza, segnalata in varie bibliografie, di un’edizione napoletana del 1560): è forse il nostro manoscritto, con la data «Napoli il 4 ottobre 1560» e la dedica a Girolamo Seripando, Arcivescovo di Salerno. Seripando rispose alla dedica, lodando il dialogo, in una lettera del 21 dicembre 1560 (cfr. P. Manuzio, Delle lettere volgari, Libro terzo, Venezia: 1567, pp. 117-23). L’Ammirato