Pagina:Trattato de' governi.djvu/155

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fare padrone assoluto uno dei suoi cittadini in quei luoghi, dove le città sono composte di simili: imperocchè alli pari di natura essendo giusto il medesimo, però conseguita necessariamente per via della natura, che tali ancora debbino avere l’onore a uno pari. Per il che se egli è nocivo ai corpi, che gli inuguali abbino cibo, o vestimento eguale, il medesimo avverrà ancora negli onori, e medesimamente s’egli è cosa dannosa, che gli eguali abbino l’ineguale. Laonde non viene ad essere più giusto il comandare che l’ubbidire, e così scambievolmente, e questo già diventa legge, perchè l’ordine è legge. Per la qual cosa è meglio, che la legge comandi, che nessun altro particolare cittadino. E per questa ragione istessa, se e’ fusse meglio dare il governo in mano ai più, dico, che tali si debbono in tale modo constituire principi, che e’ sieno guardiani delle leggi e ubbidienti a loro; perchè invero e’ fa mestieri, che e’ sieno alcuni magistrati. Ma e’ si niega bene essere giusto, che uno solo sia dei magistrati tutti amministratore, dove tutti gli altri cittadini vi sieno simili.

Ma li casi, che non può determinare la legge, ma sì l’uomo può conoscergli, in tali la legge ha fatto prudentemente, che di tutto ciò ne sia permesso il giudizio a una giustissima mente, e hallo lasciato amministrare ai magistrati. Oltra di questo ella concede ancora d’essere corretta in tutti i casi, che tentasse uno, o li paresse di poterla ridurre a meglio di quel che ella è. Chi vuole adunche, che la legge comandi, pare ch’e’ voglia che ei comandi Dio, e la legge. E chi vuole, che e’ comandi l’uomo, v’aggiugne ancora la bestia; perchè la concupiscenza ha del bestiale, e l’ira sforza ancora gli uomini buoni, che sono constituiti in imperio. Onde la legge non è altro, che mente senza perturbazione.

E falsamente pare invero, che sia posto qui l’