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libro primo — cap. vii. |
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d’usarla; e similmente è suo uffizio a conoscere quale sia buona, e atta al suo esercizio, e quale no. — Perchè, stando altrimenti la cosa, si potrebbe dubitare, onde avvenisse, che l’arte del far denari fosse parte del governo di casa, e non l’arte medicinale; e pure è di necessità avvertire, che la famiglia stia sana: così come si debbe avvertire, ch’ella viva, e faccia l’altre cose necessarie. Ma stando la cosa così, che in certo modo e’ s’appartenga al padre di famiglia, e al principe civile il considerare della sanità, e in certo modo non se gli appartenga: ma sia un tale uffizio del medico; così, dico, interviene dei danari, che in certo modo s’appartiene al padre di famiglia la provisione di essi; e in certo modo non se gli appartiene: ma appartiensi ad un’altra arte, che è del governo di casa ministra. E miglior determinazione è da dire, che sia la fatta innanzi; cioè che i danari, e gli altri bisogni gli debbino essere preparati dalla natura: perchè a lei s’appartiene di dare il nutrimento a chi ella ha generato. Ed a ciascuno animale è lasciato il suo nutrimento di quella cosa, che egli è fatto. Onde l’arte di guadagnar danari per via di natura sia quello, che nasce dai frutti, e dagli animali. — Ma essendo tale modo di guadagnare diviso in due membri, siccome io ho detto; e l’uno essendo usurario, e l’altro da governo di casa; e questo secondo membro essendo necessario e lodato; e il primo permutativo del danaro essendo biasimato con ragione, perchè tal modo non acquista per via di natura; ma acquista per via del torsi l’uno all’altro la facoltà; e però è meritamente odiata questa arte usuraria, per farsi il guadagno da lei per via del danaro; e non per via di quello, che e’ fu introdotto: che non fu altro, che per facilitare i baratti. Ma l’usura accresce sè stessa. Onde ha ella ancora avuto il nome tokos, che vuol dire parto; perchè