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libro secondo — cap. iv. |
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mina Socrate: ma bene afferma, che le donne debbono ancor esse combattere, e partecipar della medesima erudizione, che partecipan i custodi.
E l’altre materie tutte tratta con discorsi fuor di proposito; e similmente lascia indeterminato, qualmente i custodi debbono essere instrutti. —
Ma la più parte delle sue leggi (che così è chiamata questa seconda republica) non è altro, che leggi; e poche cose vi si dicono in quanto al governo: e mentre che questa seconda e’ vuol far comune a più città, a poco a poco e’ la fa riuscir nella prima republica. Conciossiachè fuor della communità delle donne, e delle facoltà in amendue sia il medesimo nel restante degli ordini; essendovi la medesima erudizione, e la vita privata di tutti gli esercizî necessarî: e il medesimo ordine circa i conviti, eccetto che in questa vuole egli, che e’ si faccin ancor fra le donne. E la prima republica vuole e’ che sia di mille, che portin l’arme, e questa di cinquemila. —
Hanno pertanto i discorsi socratici tutti del superfluo, del vano, e del nuovo, e del sofistico; e forse, per dire il vero, del difficile. Che e’ non è da ignorare ancora, che questa sua così fatta moltitudine di cittadini avrà bisogno d’una provincia quanto la Babilonia, o d’altra, che per grandezza sia infinita; onde si possa trarre il frutto per cinquemila, che vivino senza far nulla: oltre alle mogli, e i servi, che arriva a una turba in più doppi per numero. E sono io ben contento, che uno faccia le supposizioni come ei vuole, ma non già impossibilmente. —
Chè a due cose si dice, che debbe aver l’occhio un dator di legge nel porle, alla regione cioè, e agli uomini. Ma e’ si debbe ancora aggiungere, che e’ s’abbia aver l’occhio ai vicini, se la città ha a vivere civilmente; perchè non pur è di necessità, che ella possa usar l’arme da far guerra nella sua provincia: