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Architettura. 215


L’arte in Roma è importata per mezzo della conquista. Di opere greche, che M. Marcello aveva tolto alla splendida città di Siracusa, da lui espugnata, fu ornato il tempio della Virtù e dell’Onore, eretto nell’anno 207 a. C. fra il Celio e l’Aventino, presso Porta Capena, con disegno di Caio Muzio, che pare il più antico architetto romano, ma che certo lavorava ormai sui principî dell’arte greca, essendo quel tempio ricordato da Vitruvio, come esempio di peripteros. Marcello stesso poi, secondo Plutarco, amava l’arte greca e si gloriava d’averla con le sue vittorie insegnata ai Romani. Nè solo toglievansi statue per ornare templi e nuovi edifizî in Roma, ma perfino si distruggevano templi per usarne il materiale. Così fece il censore Q. Fulvio Flacco nell’anno 173 a. C., che, per erigere un tempio alla Dea Fortuna, fece diroccare il bellissimo tempio di Giunone Lacinia, sorgente fra Crotone e Sibari sul promontorio che dalle rovine è detto oggi Capo delle Colonne (od anche Capo di Nau dal ναός antico)1. Di statue di bronzo rappresentanti le Muse, tolte ad Ambracia nella guerra etolica, fu ornato il tempio di Ercole con le Muse, fatto erigere da M. Fulvio Nobiliore; col bottino della Guerra Macedonica Q. Metello uell’anno 149 a. C. eresse due templi, uno a Giove Statore, di forma peripteros, l’altro prostylos a Giunone, con disegno e lavoro d’architetti e di artisti greci. Autore di questi tempî era Ermodoro (o Ermodio) di Salamina; lavoratori delle colonne e di altre parti dell’ornamentazione erano Sauros e Batrachos lacedemonî, i quali, non potendo a quelle opere apporre il loro nome, lo significarono per un simbolo sculpendovi una

  1. Ved. Livio. Stor. rom., XLII, 3, Populum romanum ruinis templorum templa aedificantem.