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306 Arte romana.

zione antica e preparazione di concetti e di forme nuove. A preservar l’arte da questo interno lavorio di trasformazione e di disfacimento non valeva alcun sostegno od impulso esterno di liberali e possenti fautori; dei quali certamente non vi fu difetto; nei grandi edifizî imperiali anche dopo gli Antonini all’arte schiudevasi ancora largo campo in cui svolgere le sue forze. Ma questi favori ben potevano prolungare la senilità dell’arte classica, non ringiovanirne la vita, la quale si dissolveva per forza di due elementi, la prevalenza barbarica e la trasformazione religiosa.


C. — Pittura.


I. Osservazioni generali. — Pittori greci.

Come la plastica, così la pittura greca invase Roma con le conquiste, e portò seco il suo carattere speciale, che era quello delle scuole che sursero alle corti delle città orientali, cui piaceva la rappresentazione patetica ed erotica. Naturalmente greci erano anche gli artisti. Timomaco di Bisanzio, ultimo rinomato pittore di scuola greca, dipinse ai tempi di Cesare; di lui erano assai pregiate alcune tavole rappresentanti Ajace, Medea, Oreste ed Ifigenia, soggetti, tolti dal ciclo tragico1. Seguono poi artisti di nome romano dei primi tempi dell’Impero. Alcuni imperatori furono dilettanti di pittura, quale Nerone, ed anche Adriano, cui piaceva trattare il piccol genere di natura morta, per cui si racconta che l’architetto Apollodoro gli

  1. Di Timomaco scrisse F. Brändstätter, Timomachos Werke und Zeitalter, Lipsia, 1889.