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portassero guardinfanti, nè i preti mantelli, per impedire il travestimento di altri briganti. Armò battaglioni di donne con bastoni e con materie incendiarie, per dar fuoco ai palazzi nemici; assediò il vicerè e poi incominciò le trattative a favore del popolo, esibendosi di abdicare l’immenso potere; ma in questo punto, sia per l’esagerata fatica intellettuale in un uomo predisposto alle malattie mentali, e che già ne avea dato, come vedemmo, qualche accenno, sia pel naturale dolore di perdere tutto ad un fiato il comando assoluto, egli che fino allora, (settima giornata), aveva rifiutato somme immense e rifiutato, perfino, di spogliarsi della sua rozza camicia da marinaio e a stento rivestivasi di una bella divisa per presentarsi al vicerè, venne colpito, proprio nella chiesa, e mentre si leggevano i patti degli accordi col popolo, da un accesso maniaco: cominciò a mandar a richiedere da un ufficiale, volta per volta, al vicerè il diritto di nominare ufficiali, e di concedere licenze d’armi, e che Sua Eccellenza licenziasse tutti i cavalieri alle loro case; di poi si mise a stracciarsi il vestito inargentato e volere che il vicerè e l’arcivescovo l’aiutassero a lacerarlo; insomma, agì da alienato di mania ambiziosa, riproducendo molte di quelle follie degli imperatori romani che giustamente attribuisce il Jacoby al sentimento della illimitata potenza.
Vuol, p. es., per forza far accompagnare un arcivescovo, che desidera tornare modestamente al suo paesello, da quattro mila dei suoi dipendenti; e intanto dà un calcio ad un povero Aversano, e te lo fa così... cavaliere d’Aversa; obbliga un terzo a fare degli