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584 | Trento. |
caria vicino à Fiavè, venendo volontieri in sito humido, e palustre. E di questa tale Pianta scrive singolarmente il P. Giovanni Rhò nel suo Essamerone: benche io non la trovi tanto considerabile in altri Autori. Serve il Ros Solis à’moderni pretesi Alchimisti, per uno trà i Segreti, & Ingredienti di cavar se non altro l’Oro dalla borsa, dal Lambicco il fumo, dal Capo il senno.
[Nome di Pinè onde venuto.] Pinè fù così detto da i Pini, ò Peci, che già tempo v’erano di Selve intiere, hora buona parte ridotte in Fratte, ò Campi di coltura. Vi si vedono frequenti Larici, Abeti, & altri Alberi quasi d’ogni sorte; venendo perciò à Trento gran copia di Legnami, e quasi tutti i Cerchij delle Boti; si come vengono al suo tempo l’Agarico, Trementina, Pece, & Oglio d’Abeti. [Viveri quali da Pinè.] E oltre di ciò per cose più proprie dell’humano vivere vengono da Pinè Carni, Laticinij, Selvaggi, Pesce, Gambari, Fieni, e Frutti: ne mancan Funghi. E non v’è quasi giorno di settimana, il Sabbato in particolare, che à Trento i Pinaitri ò non portino qualche cosa, ò lasciandovi il Danaro non ne riportino. Così non meno per esser fertile, che popolata la Montagna di Pinè fà figura anzi come di Valle. Le Selve di Larici scemate in altre parti di Pinè crescono notabilmente in Montagnaga, dove come in sito anche domestico fan bene i Frutti, e vengono due raccolti.
Non si trova in Pinè Castello di sorte: se non che nella sommità del Monte detto Purga vivono reliquie di certo Castello antico tenuto d’