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del veltro allegorico di dante 109


LVII. Bologna, la piú guelfa delle citta italiane, piú si mostrò devota in principio al Cardinal del Poggetto. Romeo dei Pepoli era in essa, e forse in tutta Italia, il più ricco; la magnificenza e le profusioni di lui allorché suo figlio Taddeo consegui la laurea del dottorato avevano ripieno di maraviglia i popoli circostanti, e ai piú avveduti davano modo per misurare l’ambizione di tanta opulenza. Sua figlia Iacopa dei Pepoli sposato aveva un degli Estensi. A Romeo dunque i rivali rivolgevano l’occhio indagatore: fra essi deve annoverarsi Graziolo dei Bambagiolis, cancelliere della cittá ed affezionatissimo al re Roberto; cui dedicò il trattato delle virtú morali, che poscia si credè lavoro di quel sovrano. Giovanni di Virgilio, del quale si è favellato, sembra per l’opposto che avesse tenuto le parti di Romeo dei Pepoli; giudicando che questi, non meno di Guido V da Polenta, potesse farsi benevolo a Dante Alighieri. Ma giá confortevole amicizia legava il poeta con Guido V; e giá Pietro Alighieri, chiamato forse per giudice, da Verona era venuto in Ravenna. Quivi abitò la contrada di Santa Maria in Zenzanigola e di San Stefano in muro; e quale abitator di essa contrada fu egli richiesto in nome del Cardinal del Poggetto nel 4 gennaio 1321 a dare le procurazioni ovvero il vitto all’arcivescovo di Bologna, che visitava la chiesa vacante di Ravenna. Molto familiari a quel tempo erano di Dante in Ravenna il ravennate Pietro Giardini e due toscani; l’uno ser Dino Perini del quale innanzi si fe’parola, l’altro Fiducio de Milottis medico da Certaldo.

Mentre il poeta vivea cosi, né lungi dai suoi, Castruccio Castracani occupava l’uno dei primi seggi fra i ghibellini. Egli non è mio intendimento di narrare i fatti di esso e le sue vittorie sui fiorentini, massime quelle ottenute dono la morte dell’Alighieri: ma giá grande abbastanza per le sue geste dovè sembrare quel capitano al poeta. Castruccio e Ranieri della Gherardesea, per fronteggiare i guelfi ed il Cardinal del Poggetto, spedirono in Romagna possenti soccorsi di lucchesi e di pisani a Federigo di Montefeltro ed a Paolozzo della Faggiola. Rincorati questi opportunamente, devastarono il territorio