Pagina:Troya, Carlo – Del veltro allegorico di Dante e altri saggi storici, 1932 – BEIC 1955469.djvu/350

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Tessersi perduta la memoria di quelle avventure ha fatto giudicare oscuro il poema: ed, ardisco dirlo, era oscurissimo prima che i fatti si mettessero in luce, o si studiasse accuratamente la storia di quella etá cosi buia. E saput’i fatti, la Divina Commedia diviene una storia di Dante: storia spesso parziale perché il poeta inasprito dall’ingiusto esilio divenne cosi furioso ghibellino, come prima era stato ardentissimo guelfo: ma la storia di quel ghibellino serve a far conoscere quali erano le massime, quali i ragionamenti, quali le speranze di quella fazione assai meglio che tutte le croniche di quel secolo. «Io spero» continuava il Troya «di aver posto in evidenza siffatta istoria nella mia mente: Marchetti mi dice che ben poche oscuritá oggi rimangono su tal proposito. La cosa piú importante a sapersi, la cosa meno sospettata finora, quella che spiega con un solo nome le maggiori oscuritá di tutto il poema, era il sapersi a quale uomo Dante aveva posto l’animo, perché conquistasse T intera Italia, deprimesse la parte guelfa, e lo rimettesse in patria. Questo uomo alcuni credevano, quantunque confusamente, che fosse Can della Scala: ma costui, mentre Dante fu vivo, non fu signore che di Verona e di Vicenza: né a Dante, che non era un insensato, poteva venir in mente di veder conquistata la Toscana da un piccolo principe di Verona» (»). Nella primavera del 1825 il Troya veniva a conoscenza di «una bella dissertazione» di Carlo Witte pubblicata nell ’Hermes di Lipsia, in cui lo studioso tedesco sosteneva «che gl’italiani han torto di non conoscere Dante, perché ignorano la storia di quel tempo» ( 2 ); ed ai genitori, dando la notizia, il Troya confidava: «Io che trovo giusto il rimprovero, posso farlo cessare: mi affretto dunque a volere stampare la prima e piú difficile parte del mio lavoro». Giá egli aveva innanzi a sé un disegno del libro: il lavoro, egli progetta, «sará diviso in tre opere diverse: 1. V’ite di alcuni signori della Fagiolo. 2. Il viaggio dantesco nella Toscana e itegli Stati pontifici. 3. Storia fiorentina del tempo di Dante..Ai). Con (1) G. del Giudice, op. cit.

(?) Ivi. Lettera del Troya ai genitori del 19 marzo 1825, da Firenze. (3) In una lettera precedente, delPn febbraio, il Troya ci dice che il titolo di «Storia fiorentina ecc.» gli era stato suggerito dal Baldacchini e che egli l’avrebbe adottato perché, essendo stata Firenze «centro di tutte le guerre e di tutte le fasi di quel tempo» e avendo Dante «passato tutto il lungo periodo del suo esilio a guerreggiare Firenze, o a trovar protettori che avessero potuto restituirlo alla pa-