Pagina:Troya, Carlo – Del veltro allegorico di Dante e altri saggi storici, 1932 – BEIC 1955469.djvu/379

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allo studio di tutta quella serie di questioni storiche importanti e difficili che dovevano essere svolte nelle sue opere sul primo medio evo e sulla preparazione di esso. La materia che nelle lettere tratta doveva poi dall’autore essere ordinatamente esposta nel suo discorso: Della condizione de’romani vinti da’ longobardi e della vera lezione d’alcune parole di Paolo Diacono intorno a tale argomento, pubblicato dapprima, come 5 a parte del voi. I della sua Storia d’Italia, nel 1841, e poscia nel 1844, con osservazioni di Francesco Rezzonico ed appendice dell’autorei 1 ). Molte delle obiezioni che su non pochi punti della questione generale e delle particolari furono mosse alle conclusioni del Troya, furono dapprima presentate dal Balbo, nelle risposte alle lettere che pubblichiamo, e lo storico napoletano potè, quindi, prenderle in considerazione, discuterle, rielaborare il pensiero proprio, e determinarlo in modo piú preciso. Il Balbo dimostra subito pel Troya grande ammirazione ed altissima stima, ma fin dalla risposta alla prima lettera, (risponde da Torino il 19 novembre 18.30), chiede anche francamente maggiori chiarimenti, ed espone dubbi. Scrive, infatti: «i° La spiegazione da lei datami alle due leggi di Liutprando è ingegnosissima, e feconda poi di conseguenze. ( 2 ) Fra queste non sará certo a lei sfuggito il nome di Romagna, molto meglio giustificato cosi che in qualunque altra (1) Milano, Dalla soc. tip. de’classici italiani. (2) Le due leggi 37 e 74 di Liutprando tanto ricordate dal Troya, sono le seguenti: L. 37. — 1. De scribis hoc prosperimus, ut qui charlotti scripserit sive ad ledetti Lougobardorurti, quac aptúiima et pene omnibus nota est, sive ad legetn Domano» urti, noti aliter faciant, itisi quomodo in illis le gibus continetur. 2. Nam contro Longobat dorum aut Domano uni non scribatil. 3. Quod si nesciverint, intertogent alia; et si rem potuerint ipsas leges piene scire, non scribant ipsas chartas. 4. Et si aliter praesumpserit fattere, ccmponat Wigt igild suum, excepte si aliquid mter eonhbet tos convenerit. 5. F.t si unusquisque de lege sua descendere voluerit, et pactiones alque convcntioncs mter se fecerint, et atnbae partes consenso ini, islud non reputatili - conira legati, quod atnbae partes volontarie facilini. 6. Et liti qui tales chartas scripserint, culpabiles non inveniantur esse. 7..Va/M quod ad heteditandoci perlinet, per legetn scribant. L. 74. Si Doinanus homo tnulieretn Longobat dorimi tulerit, et mundiunt ex ea feceiit, et post eius decessum ad aliutn maritimi ambulava it, sine voluntate beredum prioris mariti, faida et anagrip non requiratur. Quia posi quatti marito Romano se copulavent, et ipse ex ea tnutidiutn fecent, Romana effecta est; et flit, qui de e matrimonio nascuntur, secundutn legetn patris Domani situi, et lege patns vivant; et ideo faida et anagrip minime componete debet qui catti postea tulli, siculi, nec de alia Dotti atta.