Pagina:Troya, Carlo – Del veltro allegorico di Dante e altri saggi storici, 1932 – BEIC 1955469.djvu/394

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loro condizione, ma furono ridotti allo stato di schiavi o quasi»; poiché questo contraddirebbe alle parole dello storico. Ma il Cipollai»), dopo aver notato che nei tempi trascorsi era comunemente accettata l’opinione che gli italiani fossero una mescolanza di antichi latini e di invasori germanici, ed aver detto che tanto crebbe la potenza dei Germani nell’amministrazione nell’ultima etá dell’impero che fra i membri del senato essi erano assai numerosi! 2 ), e come gli italiani siano rimasti «in qualche maniera» estranei alla lotta fra goti e bizantini, aderisce all’opinione del Manzoni: «che la politica ostrogota, fondata sulla conservazione della individualitá distinta dei due popoli, fu per necessitá anche la politica dei longobardi». Ma afferma anche che «l’accostamento fra longobardi ed indigeni fu per altro piú forte, che non fosse stato fra indigeni e goti, ancorché tutto faccia credere che la fusione delle due stirpi germaniche, intuita dal Manzoni, sia veramente un fatto storico». Dalla condizione che i longobardi fossero hospites «secondo il diritto militare», e che l’ordinamento militare fosse «la base dell’ordinamento civile, la condizione civile dei romani... sofferse. L’amministrazione provinciale e la comunale del tempo classico avevano perduto assai della loro efficacia fino dall’etá ostrogota. Può facilmente credersi che esse siano coi longobardi definitivamente cadute. Certamente l’editto di Rotari e le prescrizioni dei re posteriori ammettono la persistenza della libertá personale, ancorché in un grado che è difficile apprezzare» ( 3 ). E parlando dell’infiltrazione del diritto romano nelle leggi longobarde, e dei raffronti fatti dagli studiosi di diritto, il Cipolla dice che «è lecito dubitare che i critici abbiano forse talvolta esagerato in siffatti raffronti, ma non si può porre in dubbio che, almeno dopo l’inizio del VII secolo, realmente ci sia stato un contatto abbastanza forte fra la tradizione giuridica nazionale dei longobardi e quella del popolo civile sopra il quale essi comandavano...». Pel Cipolla, la conversione (1) Op. cit.

(2) Ricorda a questo proposito la monografia di V. Di Gianlorbnzo, / barbari nel senato romano, ecc., in Studi e doc. di storia e diritto, XX, 127 segg., ove l’argomento viene trattato.

(3) A questo proposito il Cipolla ricorda, con altri storici che giá abbiamo richiamati, Th. Hodgkin, Itaty and her invaders, VII, Oxford, 1899, il quale ammette che il romano si trovasse sotto re Desiderio in migliore stato che non sotto Alboino.