Pagina:Troya, Carlo – Del veltro allegorico di Dante e altri saggi storici, 1932 – BEIC 1955469.djvu/401

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tempo, pei quali, come si vede da quelli pubblicati, aveva tenuto presente non poco l’opera di Niccolò Palmieri: Saggio storico e politico sulla costituzione del regno di Sicilia infino al 1816 con una appendice sulla rivoluzione del 1S20 (1).

Gli avvenimenti del 1820 erano rievocati dal Troya a proposito di quelli d’interesse immediato e pratico, dei primi mesi del 1848; per la stessa ragione il Troya riassumeva la storia della Sicilia, per la parte riguardante le condizioni politiche e costituzionali dell’isola nelle diverse etá. Come è noto l’insurrezione del 12 gennaio aveva procacciato a Palermo la libertá dalle truppe napoletane e la costituzione del governo a capo del quale era Ruggero Settimo. Dagli articoli del Troya, che noi ripubblichiamo, si vede quale era la soluzione che la questione siciliana, secondo lui, avrebbe dovuto avere: i diritti della Sicilia ad un proprio parlamento nessuno potrebbe negare siano nel ’48 «rimasti illesi... Ma se i diritti della Sicilia son certi, giova forse ad essa l’usarne?». Senonché su due punti non aveva consentito il re ai voti del parlamento del 1812: la «cessione» che avrebbe dovuto fare, alla riconquista di Napoli, dell’isola al suo «regai primogenito», e «la scelta di chi regnar dovesse in Sicilia, se il re se ne allontanasse». Quindi non avendo consentito il re su quei due punti «piena ed intera si manteneva... la regia prerogativa». La quale regia prerogativa aveva portato poi alle disposizioni della legge dell’xi dicembre 1816, dal Troya ricordata, nell’articolo quinto della quale stabiliva il re: «Il governo dell’intero regno delle due Sicilie rimarrá sempre presso di noi»( 2 ).

Il Troya, come si è notato, non completò la serie degli (1) Losanna, S. Bonainici e C., 1847.

(2) L’articolo seguente specificava poi quanto alle aspirazioni dei siciliani si concedeva: «Quando risederemo ne’nostri naturali domini al di qua del Faro, vi sará in Sicilia per nostro luogotenente generale un reai principe della nostra famiglia, o un distinto personaggio, die sceglieremo tra i nostri sudditi. Se sará un principe reale, avrá... presso di sé uno de’nostri ministri di stato, il quale terrá la corrispondenza co’ ministeri e segreterie di stato residenti presso di noi, ed avrá inoltre due o piú direttori, che presederanno a quelle porzioni de’detti ministeri e segreterie di stato, che giudicheremo necessario di far rimanere in Sicilia. Se non sará un principe reale, il luogotenente di Sicilia avrá egli medesimo il carattere di nostro ministro e segretario di stato; corrisponderá egli medesimo co’ministeri e segreterie di stato risedenti presso di noi; ed avrá presso di sé per l’oggetto indicato i mentovati due o piú direttori». Nell’articolo quinto dicevasi lo stesso riguardo ai domini al di qua del Faro per caso di residenza del re in Sicilia.