Pagina:Troya, Carlo – Del veltro allegorico di Dante e altri saggi storici, 1932 – BEIC 1955469.djvu/402

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articoli propostisi e quindi non trattò compiutamente della soluzione della questione siciliana secondo il pensiero suo, perché divenuto capo del ministero del 3 aprile. Interrompeva, però, la collaborazione sua al giornale, pieno di fiducia, come si vede dall’ultimo articolo, che la Sicilia non volesse rinunziare alla propria italianitá chiedendo d’essere retta da un principe straniero. Il 13 aprile, il parlamento di Palermo votava la decadenza dei Borboni in Sicilia. IV Dallo stesso carteggio del Troya a Margherita Fabbri d’Altemps che noi pubblichiamo risultano la stima e l’affetto dello storico napoletano per la gentildonna romagnola, della quale egli tanto ammirò l’ingegno e la cultura. Era stato suo ospite a Castel Gandolfo nel 1829, e di lei egli scriveva al Balbo da Roma il 15 gennaio 1831: «Una dama che conosce la lingua di Livio e le piú arcane bellezze della lingua di Dante, va leggendo con piacere grandissimo la Storia d’Italia. Ospite in casa sua, io ne parlo sovente con essa, ed il nome di Balbo è assai sovente sulle nostre labbra. Cosi l’inferma salute permettesse a donna Margherita Fabbri dei duchi di Altemps d’attendere alla correzione di alcuni suoi scritti! Cosi le sue sventure domestiche il permettessero...» («). Certo quando il Troya scriveva di queste sventure domestiche della d’Altemps pensava, innanzi tutto, alla disgrazia toccata alla figliolina della duchessa di cui parla subito dopo, ma doveva il pensiero suo correre anche ad Eduardo Fabbri, che da sei anni ormai era prigioniero politico dei pontefici. A lui era Margherita legata da affetto particolarmente intenso, si che leggiamo nel libro Sei anni e due mesi della mia vita: «Nulla dico della so(1) Margherita Fabbri era nata a Cesena il 21 settembre 1791; il 1823 aveva sposato don Giovanni dei duchi d’Altemps di cui doveva rimanere vedova con due figli nel 1834. Alle stampe diede una Lettera sull’educazione, Roma, 1828; la traduzione d’una Lettera di Porfirio filosofo, nel 1832; quella di Quattordici lettere di Plinio, nel 1833, e un Apologo, nel 1835; scritti quasi tutti pubblicati in occasioni di nozze.