Pagina:Turco - Canzone senza parole.djvu/151

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niva a deporre regolarmente sulla sponda delle palle di schiuma che subito si scioglievano in candidi fiocchi. Le alghe segnavano con una sottile listarella di trasparente smeraldo, la linea vaga ove l’onda placida moriva.

Solitudine e silenzio ovunque.

Io sedetti sulla rena tempestata di conchiglie perlacee, gentili avanzi di vite spente che il mare getta, sdegnoso sulla sponda.

Un’ora dopo, un vecchio straniero e una fanciulla passarono dinanzi a me, camminando lentamente, con gli sguardi affascinati dal paesaggio. Egli era bianco di capelli, ella bionda e il suo velo turchino un po’ rialzato sulla fronte tremolava per la brezza marina e pareva sempre involarsi. Un pescatore entrava intanto fino al ginocchio nell’acqua ancor fredda, vi s’immergeva, vi si tuffava quasi, per raccogliervi le cappe lunghe, il pane della giornata. Quelle tre figure, forse altrove indifferenti, disegnandosi, con una certa distinzione sullo sfondo grandioso e sublime, assorgevano alla nobiltà d’un soggetto d’arte.

Ma ben presto forestieri e pescatore si dileguarono e io rimasi ancora fermo ad aspettare, inconsciamente, sulle dune.

Da lì a poco tempo una leggiadra figurina di donna apparve da lontano. Ella portava una gran pianta di cardo selvatico, e seguiva adagio adagio la spiaggia, raccogliendo conchiglie. Ebbe un momento d’esitanza, poi venne innanzi tranquilla, verso di me, con gli occhi fissi al mare.